Gita sociale 2024

Gita sociale al monte Matajur: un'avventura nell'avventura

GITA SOCIALE AL MONTE MATAJUR: UN’AVVENTURA NELL’AVVENTURA

19 maggio 2024, in piazza a Forni di Sopra un capannello di persone cicaleccia in attesa della corriera. Sono i soci CAI emozionati per la gita che promette anche quest’anno un’esperienza ricca e soddisfacente. Il ritrovo è per le 7, il tempo passa mentre ognuno racconta qualcosa per far passare i minuti. 7,15 nessuna corriera all’orizzonte, 7,30 ancora nulla di fatto. Il presidente prende l’iniziativa e inizia a chiamare la società trasporti ma ovviamente di domenica non c’è nessuno, nel frattempo i gitanti che attendevano la corriera nelle frazioni di Forni di Sotto, e Ampezzo iniziano a chiamare.
Dopo un bel po’ arriva la telefonata dell’autista che sconsolato giustifica il ritardo per “GREGGE”. Non possiamo far altro che sorridere e immaginare la corriera attorniata da pecore che lemme lemme invadono la strada impedendo a chiunque di transitare. Partono le telefonate per avvisare le persone che attendono, il ritardo è giustificato.
Finalmente la corriera arriva e si può iniziare il viaggio. Il tempo non è dei migliori ma siamo tutti fiduciosi.
La capogita passa tra i sedili a salutare uno e l’altro e si scambiano battute sulle “minas”, le pecorelle che sono riuscite a bloccare un bel po’ di gente.
La tabella di marcia vede un ritardo di un’ora abbondante. Raggiungiamo il luogo prenotato per la merenda, a San Quirino in comune di San Pietro al Natisone.
A dirla tutta non dovevamo fare merenda lì ma oggi, proprio oggi, c’è la gara ciclistica delle valli e la strada che porta al Matajur è chiusa fino alle 10,00.
Ce ne facciamo una ragione e assaporiamo l’ottimo strudel di mele e il caffè dell’agriturismo che ci accoglie con gaiezza.
Riprendiamo la marcia e a Savogna troviamo la strada ancora bloccata. Il giro non è finito e dobbiamo stazionare. Qualcuno inizia a protestare, qualcun altro ride, cosa rimane da fare se non prenderla come viene?
L’ultimo corridore passa e con un applauso la corriera può inerpicarsi sui tornanti che conducono al Matajur ma, proprio in prossimità del punto di arrivo dove la corriera avrebbe trovato il suo posteggio, un gruppo di fuoristrada, tipo jeep vecchia maniera è bloccato perché uno ha fuso il motore.
Bisogna prendere una decisione: fuori tutti e iniziamo l’avventura da qui.
Pian piano si inizia a salire, lasciamo il rifugio Pelizzo e prendiamo il sentiero che entra nel bosco di faggi querce e castagni. È un bel ritmo quello che prende il gruppo con i bambini che vogliono dimostrare a tutti che sono i più forti e possono superare ogni ostacolo.
Il sentiero è alla portata di tutti, le pendenze dolci e si può andare chiacchierando simpaticamente.
Si respira un bel clima e nel momento in cui si esce dal bosco per salire verso la linea di confine, si iniziano a vedere le rocce e il profilo delle montagne del gruppo del Canin e del Tgriglav, il Monte Tricorno.
Arrivati sulla prima cresta, proprio in prossimità del confine con la Slovenia, ci portiamo su di una terrazzetta per ammirare le montagne che si ergono maestose, il becco adunco del Crn, il Monte Nero, la cuspide del Triglav e il Mangart. Sull’altro lato riusciamo a malapena a distinguere il Canin mentre lo Stoll ci regala il suo profilo inerbito.

Con i bambini si gioca a cercare i picchetti che delineano il confine, è un modo per farli andare avanti nonostante la salita.
Prima di giungere in vetta una bella nube ci avvolge, siamo dentro una coltre di nebbia, il paesaggio diventa rarefatto e l’auspicato panorama una volta giunti sulla sommità rimane immaginario. Possiamo solo seguire le tracce delineate dalla mappa, immaginare il Montasio, il monte Mia e il mare che in giornata limpida si sarebbe visto distintamente.
Qualcuno esprime un po’ di delusione, la cosa più bella del Matajur è proprio la cornice che si sviluppa attorno; si sente la frescura dei suoi 1641 metri. Per far contenti i bambini scriviamo sul libro di vetta che è conservato dentro la chiesetta del cristo Redentore.
Non ci si ferma molto in vetta perché la nuvola che ci avvolge ci regala le sue goccioline bagnate, meglio scendere.
Prendiamo il sentiero che porta direttamente al rifugio, la pendenza ci fa andare spediti e anche fare un po’ di attenzione, meglio non ruzzolare a valle.
Con il bel tempo saremmo potuti scendere sull’altro versante, un circuito carino che tocca la malga e il rifugio sloveno, ma ci accontentiamo.
Al Pelizzo ci attendono le lasagne e lo stinco, la fame non manca. La compagnia è bella compatta e la convivialità è assicurata.
C’è stato qualcuno che, non sentendosi in grado di affrontare l’escursione ci ha atteso al rifugio, ci racconta il viavai di motociclisti e il raduno delle macchine.
Dopo il pranzo, con la lo stomaco ben rifocillato scendiamo a Cividale dove ci fermiamo per una breve visita alla cittadina. Tutti si innamorano del Natisone, quelle acque smeraldine che danno un senso di frescura. Il Ponte del diavolo affascina tutti così come la leggenda che lo accompagna.
Risaliamo in corriera stanchi ma soddisfatti. Il viaggio di ritorno è caratterizzato dal silenzio, tutti propensi al riposo, così non vengono nemmeno proposte le classiche canzoni per far trascorrere il tempo.
Lasciamo nelle frazioni i gitanti che ringraziano e si prenotano virtualmente alla prossima. Giungiamo in piazza a Forni contenti, la giornata non era iniziata nel migliore di modi, abbiamo avuto in sacco di contrattempi ma alla fine, la sintesi per tutti è stata solo una: non vediamo l’ora di farne un’altra.
Da parte del Presidente e di tutto il Consiglio della Sezione di Forni di Sopra un grazie a tutti i partecipanti e…ci prepariamo già per la gita autunnale.
Paola Cosolo Marangon - Capogita